52. “Dietro un drappo di pensieri”
8 maggio 2012
Posso trovare un nascondiglio
dietro un drappo di pensieri.
Chiudermi fuori dal ripostiglio
dove i miei sogni sono appesi.
Diluire le mie voglie
con sostanze innocue.
Sostenere che gli oggetti
non abbiano anima.
Cambiare le parole
di qualsiasi canzone.
Cambiare l’aria
con qualsiasi finestra.
Posso celarmi nel carnevale
delle mie espressioni facciali.
Censurare un’unghia nuda
con smalto carminio.
Ripulire la polvere dalla polvere
e asciugare il bagnato
dalle acque marittime.
Posso fingere l’ignoranza
e non sapere cosa ignoro.
Mangiarmi le lacrime
aprendo la bocca a sorriso.
Occultare la malinconia
sotto la coperta plumbea
della notte, e rimboccarmi
come se queste mani
fossero quelle altrui.
Posso mettere a tacere
ogni flusso sonoro,
influendo così sul mancato silenzio,
e posso smorzare la rabbia
come un pugno di sabbia
tagliato dal vento.
Potrei escogitare mille espedienti
per mentire a me stessa.
Ma essendo io
la mittente e la destinataria
della bugia,
non riesco a negare
quanto ancora
tu mi manchi.
43. “Il suono dell’acqua”
17 gennaio 2012
Se tu fossi regista, e io attrice,
ora mi potresti riprendere ascoltare
il suono dell’acqua cadere dalle tue dita.
Come vorrei essere pianoforte.
Esaudire il tuo sogno d’infinito
attraverso i miei tasti
e farti sospirare in bianco e nero.
Tu, che dell’arte sei allievo e maestro,
ne trarresti da artigiano della musica
il massimo splendore,
e beati ne sarebbero i presenti.
Beami ancora un po’ di queste perle di catarsi,
oh immagine sublime
che di quest’apostrofe sei referente,
e lasciati dar vita
nel buio creativo di questa stanza da letto.
Un tempo mi dicesti serio,
con l’onestà di un ubriaco,
che sarei dovuta diventare pianista.
Smettere di bramare le tue corde
per concedermi ai tocchi sopraffini
delle piume sulle ali.
Angelico fosti allora,
nella verità segreta di una frase non più ricordata;
e ci sono io che la raccolgo ora,
lettera dopo lettera,
per renderle giustizia e ricostruirne la memoria.
Mi sciolgo i capelli incatenati
e respiro libertà.
Sono libera di credere che le tue esortazioni
fossero per plasmarmi amante perfetta;
che gli occhi tiepidi nonostante il freddo
non mentissero sul loro stato di vita.
Tu non menti mai.
Piuttosto fai rispondere il silenzio,
non sporcandoti le mani,
ma non menti mai.
E se prometti ciò che non puoi offrire
dimentichi di aver messo la mano sul cuore,
così la promessa non avrà più alcun valore.
E’ per questo che ti credo incondizionatamente,
e non ho aspettative sul tutto
e non ho aspettative sul niente.
Saperti a mille chilometri da qui è angosciante.
Riascoltarti nelle note mai create
della pianista che c’è in me
inasprisce di surreale quest’inquietudine
e dà un sottofondo propenso all’infondata attesa
di un’ascesa alle più ultime realtà.
Vaneggio mentalmente.
Chiamo le canzoni con la forza del pensiero
e mi illudo che tu le possa origliare.
42. “La Scala dei desideri”
24 dicembre 2011
Pochi giorni a Natale e poche ore a domani.
Piazza della Scala s’illumina di freddo
e la neve colora le aiuole di bianco.
Mi piace questo posto.
Trovo che qui Milano dia il meglio di sé.
L’avvento veste di romantico gli alberi spogli
e le finestre di Palazzo Marino luccicano d’oro.
Abili pensieri hanno creato un gioco di ombre sul teatro,
e io mi fermo lì ad ammirare.
C’è un pianoforte in sottofondo,
ma non so bene da dove provenga.
Quest’aura magica mi risuona nella testa
e d’un tratto i miei occhi si incantano.
Sulla Scala vedo immagini in movimento,
grandi sagome di sogni non sopiti.
Io ho tanti sogni, quasi tutti irrealizzabili.
Li proietto davanti a me,
su quello schermo di lunga storia,
e mi godo lo spettacolo.
Come uno specchio, la Piazza si guarda
riflessa nella sua forma e nei suoi personaggi.
Un contorno di uomo spazza i ricordi di neve
sulle panche di pietra,
e fa sedere la sua donna.
Non vedo i tratti di quei volti,
ma riconosco i giochi delle loro mani:
lei in lui, come fosse il suo guanto.
La notte gelida e bianca si cala sempre più pesante
su quei due corpi disegnati insieme,
accerchiandoli ogni istante di più,
fino a comprimerli in una stretta bolla d’aria.
Vista da dove sono
– con la faccia fissa su quella tela bicromatica –
la scena è nitida.
I due amanti sembrano una decorazione stilizzata
su una pallina di Natale,
una raffigurazione evocativa di un episodio di una favola.
E mi stuzzica la voglia di sapere come continuerà…
Ma ecco che passa il Due,
col suo colore di candito.
I campanellini segnano a festa la fermata
e si sovrappongono alle note
di quel pianoforte in lontananza.
Torno alla realtà.
L’incantesimo svanisce senza che io abbia
ultimato il mio sogno.
Neanche in sogno riesco a sognare.
38. “Bastardo”
30 novembre 2011
Bastardo. Mi hai fatto entrare in casa tua.
Mi hai fissato con quegli occhi pieni di sesso. A lungo.
Cosa volevi? Che fossi io a spogliare te?
Non ti bastava la mia presenza lì, sulla tua sedia?
La mia corta gonna chiamava le tue piccole mani.
Non la sentivi gridare?
Tu, intenditore di suoni. Tu, abile poeta della chitarra.
Possibile che fossi sordo? fermo?
Eri una statua dalla forma di uomo,
un sultano su quel divano di pelle.
Solo i nostri sguardi si sono toccati.
Incontrati a metà strada,
hanno fatto l’amore per un breve istante.
Poi ho deciso di voltarmi.
E non ti ho fatto più entrare.
37. “Sulle stelle o su un davanzale, con te farò l’amore”
25 novembre 2011
Il mondo la notte ha sonno.
E’ per questo che ti lascia sola.
Sola a respirare ispirazione.
Sola a invocare liberazione.
36. “Un po’ nuda”
20 novembre 2011
Gambe nere di autoreggenti e pelle scoperta,
sul pavimento gelido della mia stanza da letto.
Mi piace essere un po’ nuda mentre scrivo queste parole.
L’afflizione d’amore s’accascia su di me
come uomo che mi getta a terra,
e, piegata su me stessa, percepisco lieve il mio profumo.
Nella luce smorzata del lampione attraverso la tenda
intravedo nello specchio una figura discinta.
Ora mi sento meno sola.
Un tocco che non pare il mio si fa strada
dal reggiseno ai suoi segreti,
e nella presa morbida delle voluttuosità che m’appartengono
giurerei di essere qui insieme a te.
Prona o supina in base a dove ti sento
illudo l’aria di poterti incontrare,
ed essa, provata dalle mie menzogne,
punisce i miei sensi ricordandomi dell’inverno.
Ogni piastrella mi punge di freddo,
e i miei occhi vedono i miei stessi occhi riflessi.
Quella stretta che si aggrappa al mio petto
è calda come le tue mani da panettiere,
e io non mi voglio affatto coprire
perché coperta o vestaglia
sarebbe sipario di questo vivente mio sogno.
Non ti so dire di no poiché no non sussiste.
Cos’altro è un no se non
del tuo nome la prima e l’ultima lettera?
Sei tu la negazione, non io.
Io non faccio che accondiscendere all’illusione di te
e discendere con la mano sempre più dentro me.
35. “Scripta manent”
13 novembre 2011
Poco fa mi è venuto alla mente come non l’abbia mai fatto
di scrivere a penna le parole ti amo.
Mai le mie mani hanno fatto quel movimento,
un gesto lento e affusolato che delineasse
su una superficie di qualsiasi genere quella forma.